Pauperismo

Il pauperismo (dall'inglese pauperism dal 1815), se inteso con l'accezione marxista di depauperamento, è un fenomeno economico e sociale caratterizzato dalla presenza di larghi strati di popolazione, o anche di intere aree, in condizioni di profonda miseria dovuta a fattori economici e strutturali (mancanza di capitali o di risorse) o a fattori eccezionali (guerre, calamità naturali, carestia ecc.).

In una diversa accezione con valenza positiva, il termine può indicare lo stato di povertà frutto di una scelta professata laica o religiosa, auspicata in molte filosofie e religioni, praticata anche in alcune comunità cristiane[1], ovvero uno stile di vita improntato a sobrietà[2].

Storia economica modifica

Il depauperamento, presente come rischio in ogni sistema economico in crisi, divenne un vero flagello all'inizio dell'età moderna, quando si diffusero nuovi rapporti di produzione nelle campagne.

Aspetti gravi del fenomeno si presentarono soprattutto in Inghilterra e in Europa nordoccidentale, per il largo impiego delle macchine nell'industria, ciò che determinò il licenziamento di un grande numero di lavoratori. Tocqueville[3] riteneva che il pauperismo fosse "una conseguenza specifica dellaproduzione industriale per il mercato, nel contesto della divisione internazionale dellavoro, nei cui confronti difficile gli apparivaqualsiasi proposta di politica sociale limitataal solo pauperismo. La direzione cheTocqueville intravedeva era piuttosto quelladel contenimento dell’industrializzazione edella prevenzione del pauperismo, attraversola difesa dell’economia agricola, integratada una diffusione della proprietà dellaterra (e da qui le sue polemiche contro ladifesa della grande proprietà da parte di Senior).Tuttavia egli considerava necessarieanche politiche specifiche di sostegno aipoveri, attraverso il collegamento tra i montidi pietà e le casse di risparmio e, pur mantenendouno sguardo benevolo sulle associazionidi carità, Tocqueville rifiutava nettamenteogni tipo di sistema statale di assistenzadietro prestazione di lavoro e sullabase della residenza coatta, del tipo ipotizzatodalla riforma delle Poor Laws, del1834"[4].

Ancora oggi immense sacche di depauperamento sussistono in Asia, in Africa e nell'America Latina.

Messaggio spirituale modifica

Lo stesso argomento in dettaglio: Pauperismo medievale e Voto di povertà.

Esiste anche un'accezione positiva del termine, che indica l'inadeguatezza dell'arricchimento: essa è presente in diverse filosofie e in ambienti portatori di un messaggio di spiritualità, di recente se ne colgono alcuni temi anche nelle teorie della decrescita felice. [5]

Note modifica

  1. ^ Si veda: Pauperismo, in Treccani.it – Vocabolario Treccani on line, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
  2. ^ Bargelli Claudio, Pietas cristiana e felicità pubblica : pauperismo e pensiero assistenziale in due Ducati padani nel secolo dei Lumi, Pisa: Fabrizio Serra, Pensiero economico italiano : XX, 1, 2012.
  3. ^ A. de Tocqueville, Il pauperismo, a cura di M. Tesini, Roma, 1998.
  4. ^ Michele Battini, Sandro Chignola, Lucien Jaume, Discussione su "Viaggi" e "Il Pauperismo" di Alexis de Tocqueville, DOI: 10.1409/9967, pp. 108-109.
  5. ^ Un esempio, in riferimento alla connessione del pauperismo con queste tematiche, "è costituito dalla differenza tra la teorizzazione di Serge Latouche e il pensiero diMaurizio Pallante. Questi è il più noto obiettore di crescita italiano, nel 2007fondatore del Movimento per la Decrescita Felice. Egli definisce il paradigma culturaledella decrescita come riduzione del pil provocata dall'aumento della produzionedi beni e dalla riduzione di quella di merci. La differenza tra beni e dimerci è fondamentale per Pallante, che sottolinea come essi vengano invece identificatinel modello della crescita. Sono merci i beni e servizi prodotti da attivitàlavorativa, che si possono commerciare e che fanno crescere il prodotto internolordo. (...) Pallante predica l’autoproduzione di beni per sostituire le merci e sostieneche se non viene chiaramente ripristinata questa differenza tra i due concettila decrescita rischia di corrispondere unicamente a una riduzione del benessere.Latouche, pur stimando Pallante, critica in parte la sua teorizzazione inquanto tende ad appiattire il concetto di decrescita su quello di autoproduzione,di semplicità volontaria, realizzabile anche all'interno del capitalismo equindi nell'immaginario della crescita. Per Latouche è cruciale fuoriuscire dalpensiero economico ortodosso e dall'economia stessa. Il non perfetto accordotra i due è sintomo del fatto che la decrescita non possa assurgere a modellouniversale per la risoluzione dei problemi dello sviluppo economico; specialmentese si fuoriesce dal mondo dei Paesi sviluppati (e spreconi di risorse edevastatori di risorse ambientali), il movimento per la decrescita, felice o serenache sia, non può essere generalizzato, e mostra i suoi limiti e le sue ambiguità,non in grado, nelle formulazioni e nelle pratiche proposte finora, di evitarei rischi che la propugnata decrescita, interpretata come pauperismo, significhi,alla fine, null'altro che immiserimento, e conseguente perdita di dirittidei ceti subalterni" [Moliterno Lucilla G., Quanto è felice la decrescita? (Latouche e gli altri), Milano: Franco Angeli, Historia Magistra : rivista di storia critica : 10, 3, 2012, p. 14.]

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